Il Vangelo nella famiglia – 11 settembre 2022


Riflessione sul Vangelo della domenica

di Rosa Maria e Giorgio Middione

Il Vangelo di questa domenica contiene tre importantissime parabole e tutti i protagonisti (il pastore, la donna e il padre) perdono qualcosa: il pastore perde la sua pecora, la donna la moneta preziosa ed il padre i suoi due figli. Il filo conduttore, dunque, che tiene legate le tre storie del brano evangelico è rappresentato dai verbi che si ripetono: “perdere- perduto”, “ritrovare-ritrovato”, “rallegrarsi-far festa”. 

Nella nostra quotidianità tutti, prima o poi, facciamo l’esperienza di perdita; è possibile perdere un oggetto di valore o indispensabile, dei beni preziosi, la salute, il lavoro o una persona importante. Talvolta perdiamo qualcosa che ci riguarda in prima persona come la fede in Dio o la fiducia in noi stessi. 

Talvolta rischiamo addirittura di perderci, di smarrire la strada maestra allontanandoci dal bene, da Dio e dai suoi comandamenti. Possiamo fare, dunque, esperienza di perdite grandi o piccole, personali e non, ma che comunque segnano il nostro cammino individuale e quando, poi, accade di ritrovare ciò che abbiamo perduto, sperimentiamo una grande gioia e desideriamo far festa per il dono ricevuto.

Ciascuno di noi può essere la pecora perduta, la dramma perduta, il figlio che ha perso tutto, ma possiamo anche rispecchiarci nel pastore buono o nel padre che con la sua misericordia e la sua capacità di perdono, ama e sceglie con il suo atteggiamento accogliente ed insistente, di risanare le fratture nella sua famiglia tra sé ed i suoi due figli. A tal proposito il brano oggi ci interroga sia sul versante della relazione di coppia sia su quello della relazione genitori-figli.

Nello specifico, nell’ultima parabola viene annunciata la lieta notizia per eccellenza, il nucleo del Vangelo e della nostra fede: il perdono e la misericordia di Dio, che rappresentano la forza che tutto vince, che riempie il cuore e consola.

Gesù oggi ci propone un modello di vita; ci invita ad essere misericordiosi, accogliendo innanzitutto la Misericordia che ci offre sempre e al tempo stesso viverla tutti i giorni riversandola alle persone che Lui ci mette accanto, soprattutto, nel nostro ambiente familiare. 

La famiglia è, infatti, il luogo privilegiato dove si vive e si educa all’amore ed al perdono. I genitori che si prendono cura dei figli, i figli che accudiscono gli anziani, i coniugi che si sostengono vicendevolmente.

Tra i coniugi e tra genitori e figli però, purtroppo, tante volte ci si allontana e ci si ritrova, quasi senza accorgersene, lontani, distanti, non riconoscendo più la persona che abbiamo accanto, perché magari nel tempo le strade percorse hanno creato indifferenza, disinteresse e separazione. Oggi l’evangelista ci annuncia che possiamo sempre ricominciare, purchè il nostro cuore sia sempre accogliente e pronto a perdonare; a cercare, anche quando non siamo cercati, senza attendere scuse o pretendere di avere ragione. Lo strumento per riavvicinarsi è il dialogo, utile sia tra gli sposi ma anche nel rapporto con i figli, inoltre sono indispensabili, anche, i gesti quotidiani di amore e di perdono, quella complicità ed accoglienza vicendevole che arricchiscono e nutrono le relazioni familiari. La misericordia tra i coniugi è presente se si riconosce ed accoglie la diversità dello sposo/a, le sue debolezze ed i suoi limiti e quell’immagine dell’altro che non avevamo messo in conto. Per amare con questa misericordia abbiamo bisogno dell’aiuto della preghiera e della vita sacramentale, che diventano per noi la linfa vitale per potere accogliere la diversità e la liberta del nostro sposo/a e dei nostri figli. Sì, perché l’amore racconta anche la libertà. Dio ama con libertà i suoi figli, lasciandoli liberi anche di sbagliare o di allontanarsi, ma non si dimentica di noi anche se non siamo fedeli, non ci abbandona ma, paziente, rispetta i nostri tempi e non si arrende mai, ma al contrario viene a cercarci è ci aspetta a braccia aperte con amore. 

Misericordia ha, quindi, a che fare con il “fare il bene dell’altro”: andare in suo aiuto, aiutarlo a crescere nel bene, rispettandone la libertà, come fa Dio. Allo stesso modo i genitori, i coniugi, sono chiamati a fare altrettanto, perché creati per diventare immagine e somiglianza di Dio Padre, per amare dello stesso amore misericordioso che Lui stesso elargisce a ciascuno di noi. 

Lasciamo, dunque, che il nostro cuore sia ogni giorno sempre più amorevole e benevolo, così come oggi, con questa parabola Gesù ci insegna. Accogliere, amare, cercare e perdonare!!! senza se e senza ma, soprattutto, senza fine. 

Vangelo

Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-32
 
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.