Il Vangelo nella famiglia – 16 gennaio 2022


Riflessione sul Vangelo della domenica

di Magdalena e Carlos Altamirano

Il Vangelo di questa domenica ci mostra il primo segno miracoloso di Gesù, il suo primo miracolo, segno della sua identità e della sua missione.

In questo primo segno della comunione della divinità e dell’umanità, Gesù fornisce il vino a una festa locale di nozze, assumendo quindi il ruolo dello sposo, al quale spettava provvedere al vino. Lui, il Dio d’Israele fatto carne, è lo sposo che viene a sposare il suo popolo, la sua Chiesa, come ha detto il profeta Isaia nella prima lettura: «il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo». Che Dio voglia sposarci significa che vuole condividere la sua vita con noi nel modo più intimo possibile, ed è per questo che il vino è importante, poiché è simbolo dell’esuberanza della vita divina. Quindi, quando Maria indica che il vino è finito, si riferisce anche all’esaurimento della vita divina nei membri della comunità, e alla conseguente mancanza di felicità e gioia. Gesù ordina di riempire le anfore d’acqua, un liquido comune, e la trasforma in vino abbondante e della migliore qualità. Tale è il suo amore e la sua generosità nel renderci partecipi della sua natura divina!

Allo stesso modo, la Chiesa ci ricorda che la presenza e l’azione di Gesù alle nozze di Cana confermano «la bontà del matrimonio e l’annuncio che ormai esso sarà un segno efficace della presenza di Cristo» (CCC 1613). E per questo la Chiesa ritiene che Gesù abbia elevato il matrimonio a sacramento. Questo è il significato del banchetto nuziale di Cana, ed è ciò che dovremmo vedere in un matrimonio: un segno, sacramento, di quell’amore.

Per questo noi sposi non solo riceviamo un sacramento, ma diventiamo noi stessi un sacramento, segno visibile dell’amore di Dio. Ma perché ciò avvenga e si compia questa missione, dobbiamo accettare e riconoscere la necessità di quel «vino nuovo», di quella esuberante vita divina che Gesù ci offre, che trasforma l’ordinario dei nostri matrimoni in qualcosa di straordinario, che trasforma le nostre azioni quotidiane, sguardi, gesti ed espressioni, le nostre gioie, preoccupazioni e dolori, in qualcosa di divino, in segni dell’amore di Dio. E come Maria, anche noi dobbiamo essere attenti all’esaurimento e alla mancanza di quel vino negli altri matrimoni e famiglie.

Presentiamo a Gesù le anfore con l’acqua della vita quotidiana dei nostri matrimoni perché Egli la trasformi in «vino nuovo» e possiamo dire come il salmista: «Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore».

Vangelo

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,1-11
 
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Parola del Signore.