Il Vangelo nella famiglia – 12 maggio 2019


Riflessione sul Vangelo della IV Domenica di Pasqua

 

di Rosa Maria e Giorgio Middione 

La Parola che il Signore ci dona in questa domenica, conferma il legame inscindibile tra Dio e il popolo dei credenti.

Ritorna l’immagine del pastore e delle pecore. Il contesto però è diverso da altri che troviamo nei precedenti capitoli. Gesù nel Vangelo di Giovanni rivolge un discorso articolato ai farisei, affinchè questi possano riconoscersi nel Suo gregge ed obbedire alla voce di Dio unico Pastore. Cristo, infatti,  ama tutti e desidera portare alla salvezza eterna anche coloro che sono distanti da Lui e non lo riconoscono.

In questa quarta domenica del tempo pasquale, Gesù si presenta, come pastore forte e determinato, che combatte per custodire e salvare noi, sue pecore, esortandoci a riflettere sul significato di essere discepoli. 

Innanzitutto si parla di ascolto: «Ascoltano la mia voce». L’ascolto è l’atteggiamento fondamentale di noi credenti: ascoltare significa riconoscere colui che ci sta parlando e presume che ci sia una conoscenza intima confidenziale della persona, al punto di riuscire a distinguere e riconoscere la sua voce rispetto a tante altre. Esistedunque, un rapporto di grande confidenza di grande intimità tra Gesù e coloro che credono in Lui, che può essere costruito attraverso la preghiera e mettendo al centro della nostra quotidianità la Parola di DioIl discepolo è, dunque, colui che ascolta, interiorizza, medita, prega e vive la Parola.

Il brano prosegue, sempre in riferimento alle pecore, con la frase: «Io le conosco». Gesù’ ci sta dicendo che Lui conosce tutto di noi, legge nella profondità del nostro cuore, e lo fa con grande interesse ed amore.

E continua, ancora affermando : «Esse mi seguono». Con il termine seguire, si intende camminare verso di Lui e con Lui, seguendo i Suoi passi, conformando la nostra vita alla Sua.

Dall’ascolto si passa, dunque, all’azione all’esortazione a percorrere la stessa strada di Gesù, nell’amore che si fa servizio perché chi ascolta la Sua Parola, risponde e mette in pratica ciò che Dio suggerisce.

Ma per camminare, abbiamo bisogno di mettere la nostra mano nella Sua. Solo così non ci sentiremo soli, ed anche in presenza di cadute e sofferenze, saremo sempre sostenuti dalla mano di Dio in cui confidiamo.

Se, infatti,  rimaniamo lontani dal Signore, se non facciamo parte del Suo popolo, come pecore  del Suo gregge, se non ascoltiamo  la Sua voce, la Sua Parola e non mettiamo in pratica i Suoi comandamenti, saremo destinati alla morte dello spirito.

Nel brano, Gesù ci rassicura dicendo, che le Sue pecore «Non andranno mai perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla [sua] mano».

L’apostolo Paolo gridava: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada»? No, niente e nessuno”.

Nella nostra vita di coppia, anche noi sposi siamo chiamati ad ascoltare e seguire Gesù come pecore del suo gregge.

Nulla potrà mai strapparci dalle mani di Dio, nulla ci separerà mai dall’amore di Cristo, perché Lui si fa garante di questo. Affidarsi a Gesù, significa affidarsi al Padre, perchè sono “una cosa sola”. Questa identità pienamente espressa nell’unità con il Padre, richiama alla creazione dell’uomo e della donna, che Dio creò a Sua immagine e somiglianza, maschio e femmina. Ad immagine e somiglianza di Dio ed a immagine e somiglianza della Trinità.

Quando Gesù parla delle pecore usa un aggettivo possessivo “le mie pecore, ma questo non sta ad indicare che siamo di Sua proprietà  esclusiva, noi pecore siamo per Gesù un dono da custodire.

Questo concetto è forse difficile da comprendere, perché nelle relazioni siamo soliti pensare che amare l’altro/a sia appropriarsi di lui/lei, così come è complicato pensare di potere proteggere e/o custodire l’altro/a lasciandolo/a libero/a. Un amore costruito su questi principi è basato sull’egoismo.

Il termine “mio” è, spesso sinonimo di proprietà e possesso. L’amore di cui ci parla Gesù, buon pastore, non imprigiona, ma si dona, non vuole appropriarsi di noi, ma ci tiene teneramente avvolti nella Sua mano. Tutti noi siamo custoditi nella mano amorevole di Gesù, che si prende cura di ciascuno di noi e della nostra famiglia.

La moglie rappresenta un dono per il marito e viceversa.

Non è mia/mio, non lo possiedo, ma fa parte di me e così come il buon pastore, per amore, custodisce le Sue pecore affinchè non si perdano e le protegge affinchè nessuno le strappi dalla Sua mano, anche noi, siamo chiamati a custodire il nostro amato/a ed a vigilare su di lui. Chi ama seguendo Dio agisce così.

Dal giorno in cui abbiamo celebrato il Sacramento del Matrimonio, siamo chiamati a guardare il nostro coniuge con occhi di stupore, a serbarlo nel nostro cuore con amore, a custodirlo con tenerezza e delicatezza.

 

VANGELO
Gv 10,27-30

Alle mie pecore io dò la vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io dò loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.
Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola”.