Riflessione sul Vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario
di Soraya e Michele Solaro
Una possibile prospettiva, che ci aiuta ad accogliere il messaggio contenuto nel Vangelo di questa domenica, ce la suggerisce Papa Francesco che al n. 29 della Gaudete et exultate si esprime così: «Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché “questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione” (1Ts 4,3)».
C’è, dunque, un aspetto particolare della volontà di Dio che tocca la nostra esistenza e ci coinvolge in quanto sue creature facendoci destinatari di una specifica chiamata, la nostra vocazione alla santità. È un richiamo interiore che continuamente ci interpella e di cui abbiamo ordinariamente riscontro nella vita. Chi di noi non vorrebbe essere felice? Chi di noi non vorrebbe essere in pace con se stesso e con il mondo?
Nei nostri contesti familiari, sospinti da questa esigenza dello spirito, rincorriamo la nostra felicità sperando che nulla, nelle relazioni tra marito e moglie e con i figli, nel lavoro, nelle occupazioni quotidiane ricorrenti o straordinarie, prevedibili o meno, diventi motivo che ci allontani da essa. Spesso, però, dobbiamo fare i conti con la realtà del fallimento, della delusione, del rifiuto, del dolore.
È inevitabile e necessario che il compimento della volontà del Padre nella nostra vita, la nostra felicità, la nostra santificazione, sia sostenuto dalla consapevolezza di essere partner di Dio, di essere capaci di entrare in relazione con Lui rivolgendogli quell’ascolto sincero che ci spinge ad attuare nella carità e ci dona pace.
Per noi sposi vuol dire entrare nella dinamica del dono, offrire se stessi all’altro, a chi ci è più prossimo, a partire dal nostro coniuge e dai nostri figli; vuol dire avere confidenza con lo Spirito d’Amore che ci fa sperimentare in famiglia quella comunione sincera capace di irradiarsi anche fuori delle mura domestiche, verso le esigenze di tanti altri prossimi che sono quelli tra cui viviamo, che sono a noi riconoscibili perché possiedono la nostra stessa dignità davanti a Dio.
Siamo continuamente chiamati a ritornare all’Amore amando, ad uscire da noi stessi rispondendo alla chiamata di Dio.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,28-34
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.