CREDI NEL SIGNORE GESÙ E SARAI SALVATO TU E LA TUA FAMIGLIA – 1ª Parte


Traccia della relazione tenuta da Sebastiano Fascetta
nel corso della “Giornata regionale della Famiglia”
organizzata da RnS-Sicilia a San Cataldo (CL)
14 ottobre 2018

 

1ª parte

 

di Sebastiano Fascetta

L’indebolimento della fede e della pratica religiosa in alcune società ha effetti sulle famiglie e le lascia più sole con le loro difficoltà. I Padri sinodali hanno affermato che «una delle più grandi povertà della cultura attuale è la solitudine, frutto dell’assenza di Dio nella vita delle persone e della fragilità delle relazioni (Amoris Leatitia, n. 43). 

 

Fede/fiducia

Da un punto di vista terminologico, credere nella Bibbia significa due cose :  poggiare la propria vita su un luogo solido, sicuro «se non crederete, non resterete saldi» (Is 7,9b); fidarsi-affidarsi «come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia» (Sal 131).

Il salmista non parla di un neonato, ma di un bimbo svezzato di circa 3 anni, simbolo del credente che sceglie di abbandonarsi nelle braccia di Dio. Il salmista riporta un’immagine di semplice umanità per mettere in evidenza l’atto umano del credere che fin da bambini impariamo grazie alle cure di nostra madre, di nostro padre. Riconoscersi preceduti dall’amore dei genitori genera nel bambino un senso di affidamento che gli consentirà di sviluppare un atteggiamento di fiducia nei riguardi della vita e verso gli altri. Senza l’atto umano della fiducia non è possibile vivere.

Questo vale anche all’interno del rapporto coniugale: senza fiducia reciproca tra uomo e donna, non è possibile ricevere e donare amore. Aver fiducia significa ritenere l’altro/a affidabile.

La fede cristiana si radica sull’atto umano del credere. Quando, ad esempio, Gesù guarisce non dice, la “fede in Dio” ti ha guarito ma “la tua fede, ti ha guarito”, rinviando, in questo modo, all’atto umano del credente potenziato dall’amore di Dio.

La fiducia si sviluppa all’interno di un cammino di conoscenza, di ascolto, dialogo e di reciproca compassione. Mentre si blocca dove primeggia il giudizio, la critica, il risentimento, la paura. In particolare la paura di non essere amati abbastanza o di non essere degni di essere amati.

Tale paura spinge a mendicare il riconoscimento degli altri, di nostra moglie, marito, figli, sino a snaturare la propria unicità, soggettività. Fidarsi o affidarsi al proprio coniuge, non significa perdere la propria autonomia ma riconoscersi bisognosi d’amore e desiderosi d’amare.

La fede è esperienza di libertà dalla paura: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» (cfr Mc 8,23-27). Il Dio rivelato da Gesù Cristo non impone una legge che mortifica la nostra libertà, non ci consegna un codice di divieti, ma ci offre la possibilità di esercitare in pienezza la nostra libertà. È alquanto significativo che tra le prime parole che Dio rivolge all’essere umano, riportate nella Bibbia, vi è “Tu potrai mangiare…” (Gen 2,16) mentre tra le prime parole che il serpente rivolge all’umano sono “Non dovete mangiare…” (Gen 3,1).

Dio esalta la nostra libertà, non ci priva mai di essa, non ci impone nulla, neanche per il nostro bene. Dio propone, offre, consegna, dona per amore, liberamente, senza chiedere nulla in cambio. Il Dio rivelato da Gesù Cristo non ama coloro che credono, ma tutti gli esseri umani (cfr Mt 5,46ss). L’amore di Dio non è condizionato dalla nostra fede, ma è esperibile nella sua potenza attraverso la fede.

La fede in Gesù ci educa a non avere paura cioè a non diffidare, all’interno delle relazioni familiari, con nostra moglie, con nostro marito, i nostri figli, i nostri parenti. La paura, invece, indurisce, rende incapaci di dialogo, alimenta un sentire aggressivo sempre sulle difensive, sospettoso di tutti e di tutto.

Nel regime della fiducia il bisogno d’amore non determina un ripiegamento su di sé, ma un’apertura verso l’altro da se. La fiducia è un grande atto di libertà, di amore intelligente. Non è sprovvedutezza, ingenuità, ma promessa d’amore incondizionato che scaturisce dal sentirsi amati incondizionatamente.  

La fede è creatività esistenziale. Dio propone e l’uomo dispone. Dio non toglie mai la scena all’uomo nel palcoscenico della vita, ma lo rende sempre protagonista. Nella relazione con Dio non c’è nulla di predeterminato, predefinito. Dio rispetta i nostri tempi, i nostri limiti, la nostra condizione creaturale; si adatta a noi affinché noi ci adattiamo a Lui. La fede non è mai una bacchetta magica, come del resto non lo è la preghiera. Il Vangelo non è la soluzione ai nostri problemi, ma la rivelazione della presenza di Dio nei nostri problemi.

Se per la la fiducia umana la fonte è l’amore umano, per la fede cristiana la fonte  è l’amore di Dio: «Tu sei mio Figlio, l’amato» (Mc 1,11). Al cuore del battesimo c’è l’amore di Dio che ci costituisce figli e fratelli in Cristo: «Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). Nessuno è amato da Dio per meriti acquisiti ma soltanto per grazia, liberamente, gratuitamente e immeritatamente «Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (rum 5,8). La morte in croce di Gesù è l’estremo ed infinito atto d’amore per noi:  «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13).

Per comprendere l’importanza del primato dell’amore di Dio al cuore della fede cristiana, è opportuno richiamare le parole che inaugurano la predicazione di Gesù, secondo il Vangelo di Marco: «Il tempo di Dio è compiuto, il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,14).

La conversione non è la condizione perché il regno di Dio si avvicini, ma la conseguenza della prossimità di Dio. La conversione è l’effetto della fede; la fede è la risposta all’amore di Dio. L’agire gratuito di Dio che ci salva con il suo amore, non ci lascia nello stato in cui ci trova, ma ci trasforma liberandoci dal male. Anche gli sposi sanno per esperienza che ogni autentico amore trasforma la vita, determina processi graduali di cambiamento del proprio modo di pensare, vivere per entrare nella dimensione sponsale della vita matrimoniale. Non si vive più per se stessi ma per e con l’altro/a.

 

La fede è un dono di Dio per la salvezza

La fede non è adesione a dei concetti, ma ai fatti del Signore, non si fonda su un rapporto di sudditanza ma di amore. La fede è l’incontro tra il desiderio di Dio e il desiderio dell’uomo. Desiderio di salvezza, cioè di vita piena, buona, bella e felice. Dio desidera la nostra salvezza. Egli si è rivelato per la nostra salvezza: «oggi la salvezza è entrata nella tua casa» (Lc 19).

La fede non è altra cosa rispetto alla vita umana, alla società, ai luoghi domestici nei quali viviamo la relazione matrimoniale.  La fede cristiana non è mai avulsa da tutto ciò che è materiale, umano, reale, ma è scuola di umanizzazione, di assimilazione all’immagine del Figlio di Dio (cfr 2Cor 3,18), dell’uomo “perfetto”, completo, corrispondente al disegno d’amore di Dio. «La salvezza che la fede ci annuncia non riguarda la nostra interiorità, ma il nostro essere integrale. È tutta la persona, infatti, in corpo e anima, che è stata creata dall’amore di Dio a sua immagine e somiglianza, ed è chiamata a vivere in comunione con lui» (Placuit Deo, n. 7). 

La fede, ha scritto Ermes Ronchi, «non porta sottrazioni, ma una addizione d’umano. Più Vangelo entra nella mia vita, più io sono vivo. Più Dio equivale a più io». 

I battezzati credono nel Dio fatto uomo in Gesù di Nazaret. Tutta la vita umana, terrestre, materiale, di Gesù è il fondamento della fede cristiana e anche il modo attraverso il quale possiamo credere in Dio Padre (cfr Gv 6,28). Gesù, incarnandosi, ha mostra la Via (cfr Gv 14,6) per la felicità, per una  vita umana piena, sensata, profondamente radicata nella comunione con Dio.

Va ricordato che l’atto di fede non è adesione cieca, né tanto meno obbedienza ossequiosa a Dio, ma ricerca in Cristo del senso del nostro vivere, del nostro essere, qui e ora, all’interno di questa vita, di questa storia, con questo marito, questa moglie, questi figli. La fede permette di vivere ogni cosa colmandola d’amore (cfr Gaudete ed exasultate, n. 17).

La salvezza è un evento relazionale e non ideologico, attuale e non semplicemente futuro. «Pensiamo che Dio si trovi solo al di là, in un altro livello di realtà, separato dai nostri rapporti concreti. Ma se fosse così, se Dio fosse incapace di agire nel mondo, il suo amore non sarebbe veramente potente, veramente reale, e non sarebbe quindi neanche vero amore, capace di compiere quella felicità che promette. Credere o non credere in Lui sarebbe allora del tutto indifferente. I cristiani, invece, confessano l’amore concreto e potente di Dio, che opera veramente nella storia e ne determina il destino finale, amore che si è fatto incontrollabile, che si è rivelato in pienezza nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo» (Lumen Fidei, n. 17). 

L’amore “concreto e potente di Dio” che agisce per la salvezza dell’umanità, riguarda in maniera particolare il Sacramento del matrimonio: «Il sacramento è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la sua Chiesa» (Amoris Laetitia, n. 72). 

Il matrimonio è un dono non un obbligo, ne una semplice convivenza o convenienza; non è una prigione, ma può diventare tale ogni qualvolta snaturiamo l’amore in dominio e la fedeltà in gelosia.

La fede/fiducia nella vita familiare è “pane quotidiano” senza il quale non è possibile crescere nell’amore. Questa fede/fiducia reciproca si fonda sulla fede in Gesù. La salvezza infatti è una persona: Gesù Cristo. La salvezza è un incontro che trasforma, un’esperienza che cambia la vita; «All’inizio dell’essere cristiano non c’è  una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva» (Deus caritas est Papa Benedetto, tratto da Evangelii gaudium, n. 7). 

Concretamente la salvezza in famiglia consiste nel vivere la carità, l’amore di Dio lasciando fluire in ogni avvenimento, bello o drammatico, il soffio leggero ma efficace della Grazia, nei gesti umani, negli sguardi, nelle parole, nel sentire, nel modo di manifestare gli affetti, i sentimenti. La salvezza è storia, carne, vita vissuta giorno dopo giorno, nella fiducia in Dio.  Val la pena citare una straordinaria affermazione di Santa Teresa di Gesù: «Se siete in cucina pensate che tra le pentole sta Dio e ci aiuta all’interno e all’esterno». Dio è “tra le pentole” cioè in tutto ciò che facciamo. Si tratta di esserne consapevoli, in modo da non trascurare nessun particolare, né tanto meno cercare cose straordinarie, ma rimanere fedeli al reale.

Nell’adesione alle piccole cose, nella fedeltà alla realtà che trae forza dall’amore di Dio, cresciamo come sposi, come famiglia, nella santità: «Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova… sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa» (Gaudete et exsultate, n. 14).

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