Il Vangelo nella Famiglia – 29 luglio 2018


Il Vangelo odierno ci educa a ritrovare il senso della quotidianità, vissuta con attenzione, cura, semplicità, “alzando gli occhi” verso i bisogni, le necessità di ciascuno. È significativo lo spostamento di luogo da parte di Gesù: dal mare alla montagna. Il mare biblicamente rappresenta le potenze del male, la montagna, invece, è per eccellenza il luogo di rivelazione di Dio. La vita familiare spesso si sviluppa all’interno di situazione difficili (il mare) che trovano luce e senso ogni qualvolta sono portati sul “monte”, luogo di preghiera, di ascolto della Parola, di silenziosa attesa dell’agire misericordioso di Dio. La fede è sempre adesione alla realtà e mai fuga da essa; ma è anche apertura all’impossibile che l’amore di Dio rende possibile, come nel caso della moltiplicazione dei pani. Spesso le “prove” della vita sono occasione per prendere coscienza come nel poco che abbiamo, “ cinque pani d’orzo e due pesci”, possono aprirsi orizzonti inediti, soluzioni impensabili, se solo alziamo gli occhi verso il Signore. Gesù non compie un miracolo ma nel momento in cui condivide i cinque pani e i due pesci, questi si moltiplicano. L’amore è il vero miracolo. Ogni qualvolta, all’interno del vissuto familiare, evitiamo di chiuderci nel nostro egoismo, nelle nostre presunte verità, ponendoci gli uni contro gli altri, possiamo superare le difficoltà relazionali aprendo il cuore tra marito e moglie, creando spazi di ascolto con i figli, condividendo, con umiltà e pazienza, preoccupazioni, ansie, bisogni, sogni, per ritrovare insieme la gioia di ricominciare. Tutti abbiamo fame del “pane quotidiano dell’amore”, fame di vita, di felicità, d’affetto, di attenzione, di cura, di stima. Tutti siamo quei “cinque pani e due pesci” capaci di saziare il bisogno d’amore che abita le persone con le quali condividiamo la nostra vita. Ognuno di noi è “inviato” da Dio per moltiplicare il poco che è, e che ha, per amore e nella libertà. Ispirati dal Vangelo, proviamo a curare il nostro modo di prendere il cibo insieme, evitando di ridurlo a un fatto meramente biologico, ma cogliendone la forza umanizzante in esso contenuto, facendone occasione per condividere, parlare, ascoltare, amare. Non dimentichiamo che Gesù ci invita a fare della nostra vita matrimoniale un’eucaristia, un’offerta a Lui gradita, attraverso gesti di autentica attenzione verso i poveri.

Maria e Sebastiano Fascetta

 

 

29 luglio 2018, XVII domenica del tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 6,1-15

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.