Il Vangelo nella Famiglia – 29 aprile 2018


29 aprile 2018, V domenica di Pasqua 

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 15,1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

Riflessione

Il Vangelo della V domenica del tempo di Pasqua, ci esorta a rimanere uniti al Signore attraverso l’ascolto umile e perseverante della Sua Parola. Non possiamo portare frutti di conversione né, tanto meno, diventare discepoli di Gesù (cf. Gv 15,8), se non apriamo l’orecchio interiore per ascoltare la sua voce: «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto» (Gv 15,7). L’ascolto è una vera e propria arte spirituale ed umana che qualifica la statura dei credenti, il loro grado di maturità e di fede, la capacità di vivere le relazioni fraterne e interpersonali. L’ascolto è la condizione fondamentale per lasciarsi amare dal Signore e per corrispondere al suo amore (cf. Dt 6,4; Gv 15,12). Dall’ascolto nasce la fede (cf Rm 10,17), la fraternità (cf. At 2,42; 1Pt 1,23), la preghiera. L’ascolto è alla base non solo della vita ecclesiale, ma anche della vita familiare, coniugale. Amare qualcuno significa, anzitutto, ascoltare il suo cuore, creare spazio nel profondo di sé per accogliere il soggetto parlante oltre l’oggettività delle parole. Coltivare l’ascolto tra marito e moglie, tra genitori e figli, è necessario ed essenziale per poter crescere nella conoscenza e stima reciproca, per riconoscere l’altro/a per quello che è, senza pregiudizi, senza paure. L’ascolto fa esistere l’altro/a, ne rivela la sua dignità e bellezza; esige tempo, pazienza, attenzione, silenzio, disponibilità a cambiare. Quante ferite, quanti fraintendimenti, a causa del non ascolto, della prepotente arroganza imposta attraverso parole violente che non danno possibilità all’altro/a di esprimere il proprio punto di vista. Solo chi sa ascoltare sa anche proferire parole che edificano e non distruggono (cf. Ef 4,24 ss), che guariscono e non feriscono, che rispettano e non umiliano, che accolgono e non escludono. Si diventa sposi umanamente maturi quando si è “lenti nel parlare e pronti nell’ascoltare” (cf. Gc 1,19); quando si riesce a dominare la propria ira, rabbia, presunzione, autogiustificazione, per accogliere, con attenzione e cura, le ragioni di nostra moglie, di nostro marito, dei nostri figli. Soprattutto nei momenti di crisi e di difficoltà possiamo rimanere uniti nell’amore se siamo disposti ad ascoltarci, con fiducia e sincerità, senza isolarci o difenderci: “In questi momenti occorre creare spazi per comunicare da cuore a cuore” (Amoris Laetitia, n. 234). Solo l’ascolto può creare spazi di resurrezione, di ricominciamento nella fiducia reciproca, di perdono, di guarigione, di stupore. Confortati dalla Parola di Dio, disponiamo all’interno delle nostre famiglie spazi quotidiani di ascolto reciproco e di sincera gratuità, per imparare a guardarci con occhi semplici e colmi di stupore, per poter riconoscere nella carne delle nostre relazioni i segni discreti e potenti della presenza del Cristo Risorto.

Maria e Sebastiano Fascetta

 

Papa Francesco

[…] Diventa più difficile comunicare così in un momento di crisi se non si è mai imparato a farlo. È una vera arte che si impara in tempi di calma, per metterla in pratica nei tempi duri.

(Amoris Laetitia, n. 234)