Essere famiglia nel potere dello Spirito – 2ª parte


 

(Relazione dettata da Sebastiano Fascetta nel corso della “Tre Giorni delle Famiglie” organizzata da RnS – Sicilia, Enna 19-21 gennaio 2018)

2ª parte

 

3. Lo Spirito Santo umanizza la famiglia

La difficoltà nel comprendere questo nesso inscindibile tra “carne” e Spirito, tra amore umano e amore divino, è dovuto a diversi fattori, tra questi la radicata convinzione che la fede e tutto ciò che attiene Dio, ha nulla o poco a che fare con la nostra condizione umana.
Siamo ancora, con molta probabilità, figli di una cultura religiosa dualista che contrappone: la vita umana, materiale, alla vita spirituale; la preghiera al pensare e ragionare umano; l’esperienza nel RnS alla vita di tutti i giorni; la Parola di Dio al modo di comunicare umano; l’eucaristia all’unione dei corpi.
Questo modo di pensare fondato sulla dicotomia tra fede e vita è radicalmente contrario alla rivelazione cristiana, basta ricordare le parole di san Paolo il quale afferma: «O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!» (1Cor 6,19-20).
Non è l’anima ma il corpo umano, il luogo dove lo Spirito dimora, opera, si manifesta. Ancora, l’apostolo Paolo, esorta gli sposi ad amare il proprio coniuge “come il proprio corpo” (cfr Ef 5,28), mostrando attenzione e cura reciproca all’interno dello spazio relazionale, in modo da esprimere l’amore (eros) -, a livello affettivo, emotivo, sensoriale, corporeo – potenziato dalla carità (agape) coniugale che lo Spirito ha effuso attraverso il sacramento del matrimonio: «Lo Spirito che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla croce» (Familiaris Consortio, n.13).
Secondo un assunto teologico ben noto, lo Spirito Santo “suppone” sempre la natura umana; non si sostituisce mai ad essa, ma la pervade potenziandola, purificandola, elevandola all’altezza di Dio. Lo Spirito Santo rende i coniugi capaci di amarsi umanamente “alla divina”.
In quanto sposi nel Signore, celebriamo la “liturgia” mossi dallo Spirito (cfr Fil 3,3), nel quotidiano vivere le nostre relazioni, offrendo a Dio i nostri “corpi”, come sacrificio vivente a Dio gradito (cfr Rm 12,2).
Afferma, a proposito, la Familiaris Consortio: «Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione. In quanto spirito incarnato, l’uomo è chiamato all’amore in questa totalità unificata».
L’uomo e la donna danno “corpo” al loro essere “spirito incarnato” cioè realtà divina-umana, coltivando la dimensione fisica e spirituale. Ogni relazione tra uomo e donna è un in-contro, cioè un’esperienza di riconoscimento dell’alterità dell’“altro da sé” nella continuità della relazione coniugale, all’interno di un permanente cammino di spoliazione dei propri egoismi e pulsioni possessive, per lasciar sboccia la novità di vita contenuta nel sacramento del matrimonio.
Non si tratta di un amore idilliaco, mistico, irreale o virtuale, ma concreto, visibile, palpabile, corporeo, che coinvolge tutta le dimensioni visibili e invisibili della persona.
Lo Spirito Santo non è un dono speciale per famiglie speciali, non è un dono eccezionale che Dio elargisce soltanto in situazione eccezionali, ma è il fondamento della vita cristiana e di tutta l’esperienza famigliare. Non c’è vita cristiana senza Spirito Santo. Non c’è possibilità di conoscere Cristo, di fare esperienza della misericordia di Dio, di crescere nella fede; non c’è eucaristia, né tanto meno ascolto della Parola di Dio. Per mezzo del dono dello Spirito Santo, Dio viene a dimorare in noi e noi abbiamo la possibilità di fare esperienza del suo amore, così da essere capaci di amarci “alla divina”.
Lo Spirito Santo è la manifestazione nel vissuto matrimoniale, familiare, dell’irrevocabilità del dono di Dio, della fedeltà di Dio alle sue promesse: «Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre … sarete battezzati in Spirito Santo» (At 1,4-5).
Notiamo, ancora il clima familiare del brano biblico citato: “mentre si trovava a tavola con essi”; è proprio all’interno di relazioni d’intima condivisione che il Cristo Risorto promette e dona lo Spirito Santo.
La promessa di vita in comune, che abbiamo espresso all’atto del consenso matrimoniale, si radica nella promessa del Cristo Risorto che effonde continuamente il suo Spirito e ci dona la forza, il coraggio necessario, per proseguire nel cammino di crescita nell’amore; il coraggio necessario per perseverare nel lavoro faticoso che l’amore umano in generale e coniugale in particolare, richiede.

Lo Spirito Santo è :

  • l’estroversione di Dio, il suo venire continuamente in noi e per noi. Questo dinamismo “pentecostale” di estroversione proprio dello Spirito Santo è a fondamento della vita matrimoniale, delle relazioni coniugali, secondo il principio dell’unità nella diversità, del dono di sé nel reciproco dare-ricevere;
  • comunione, ma non fusione, diversità, ma non omologazione; accoglienza, ma non prepotenza; dono, ma non possesso.

Il dinamismo estroversivo e comunionale dello Spirito, implica un processo di conversione, di trasformazione, di cambiamento radicale, di tutto il modo di vivere le relazioni da parte dei coniugi, ben consapevoli di non essere in stato di compimento all’interno di un processo di crescita nell’amore, nella conoscenza reciproca, così da essere l’uno per l’altro «una permanente provocazione dello Spirito» (AL, n. 321).

È bene ricordare, che gli sposi non hanno deciso di amarsi una volta per sempre ma, radicati nell’alleanza divina, hanno promesso di amarsi, ogni giorno, per sempre più e sempre meglio. In questa gioiosa volontà di rinnovare, ogni giorno, l’essere l’uno per l’altro, gli sposi avvertono l’urgente bisogno del dono dello Spirito Santo, della Persona-Amore, che purifica e rinnova la loro relazione matrimoniale, radicandola nella fedeltà di Cristo Sposo per la sua Chiesa Sposa.

 

4. Noi crediamo allo Spirito Santo

Per fare un passo ulteriore nel nostro cammino di consapevolezza della presenza dello Spirito Santo nella vita matrimoniale, riprendiamo un’affermazione nella prima Lettera di Giovanni dove si afferma che «noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1Gv 4,16). I cristiani sono coloro che hanno “creduto all’amore di Dio”, espressione che possiamo anche declinare con “creduto allo Spirito Santo”, considerato che l’amore di Dio è lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori (cfr Rm 5,5).
Ancora nella prima Lettera di Giovanni si dice «In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito» (1Gv 3,13). L’esperienza dello Spirito è prova che Cristo Sposo rimane in noi e noi in lui. Lo Spirito Santo è il “noi” divino che determina l’unione coniugale. Sappiamo, infatti, di essere sposi in Cristo perché lo Spirito rimane in noi.
Credere allo Spirito Santo non è tanto un fatto intellettuale quanto esperienziale, si tratta di affidarsi e fidarsi di Lui – di considerarlo necessario come il respirare – senza il quale la vita di fede dei coniugi e il loro amore si inaridisce.
Lo Spirito Santo è la condizione essenziale per essere sposi nel Signore, per essere sposi cristiani, cioè marito e moglie che insieme seguono Cristo, lo accolgono nella propria casa, coltivano l’amicizia con Lui, cercano d’imitarlo, di seguirne le orme (cfr 1Pt 2,21), di condividere con Lui gioie e dolori, progetti e fallimenti.
Utilizzando un linguaggio domestico possiamo dire che “nello Spirito Santo Gesù è di casa, senza lo Spirito Santo Gesù è fuori casa. Lo Spirito Santo è come l’anello nuziale che portiamo al dito per indicare, ovunque siamo, la nostra condizione coniugale. Se non coltiviamo l’amicizia con lo Spirito Santo e non ne mostriamo i segni visibili nel nostro modo di essere e di stare insieme, è come se ci togliessimo l’anello nuziale, rinnegando di appartenere al nostro coniuge.
Nello Spirito Santo ricevuto attraverso la grazia sacramentale del matrimonio, gli sposi diventano una cosa nuova, perché radicati nella novità che è Cristo. Siamo abitati da una potenza ma spesso non né abbiamo coscienza.
Il sacramento del matrimonio è come un “pacco dono” mai aperto, mai esplorato nella sua potenzialità spirituale. La non consapevolezza rallenta il nostro cammino di comunione, non ci permette di vivere “in stato d’amore”.
Ecco alcune caratteristiche dello Spirito Santo che ci educano alla relazione matrimoniale.

L’umiltà
Lo Spirito è perfetta umiltà perché non ha un nome, in quanto è proprio di Dio essere Spirito ed essere Santo; non ha un volto; non ha un suo programma di santità, ma agisce per condurci alla Verità tutta intera cioè Gesù Cristo; non ha una sua dottrina, ma ci ricorda la Parola che è Cristo.
Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo significa imparare l’arte dell’umiltà cioè dell’adesione alla propria condizione creaturale così da rappacificarsi con i propri e altrui limiti, in particolare quelli del proprio coniuge, dei propri figli.
Lo Spirito Santo ci aiuta, se lo desideriamo, ad amare il non amabile, ad amare le situazioni più fastidiose delle nostre relazioni, ad affrontare le paure che fanno parte della nostra biografia e che affiorano all’interno della vita coniugale. Umiltà come adesione alla realtà contro ogni forma di illusione, di proiezione delle nostre aspettative e ansie sull’altro «E’ necessario che il cammino spirituale di ciascuno lo aiuti a “disilludersi” dell’altro, a smettere di attendere da quella persona ciò che è proprio e soltanto dell’amore di Dio» (AL, n. 320).

La Fedeltà
Lo Spirito Santo è la fedeltà di Dio alle sue promesse d’amore. Una fedeltà che supera e prescinde dai nostri peccati e infedeltà. Dio ci ama nello Spirito sempre e comunque. San Paolo testimonia che «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8).
Dio non ci ama in maniera condizionata, non ci ama perché siamo buoni, santi, giusti, ma ci fa essere, perché ama, buoni, santi e giusti. La conversione nella cammino di fede non è la condizione per essere amati da Dio, ma la risposta all’amore gratuito e preveniente di Dio.
Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo significa essere fedeli, perseveranti, assidui nell’amore, fedeli nel bene, nel desiderare il bene dell’altro/a. Essere capaci di mantenere, per la forza dello Spirito, un cuore aperto verso l’altro/a anche nei momenti di crisi, anche quando siamo motivo di delusione gli uni per gli altri, anche quando attraversiamo momenti di incomprensione, di scontro.
La fatica di perseverare nel tempo in cui a livello emotivo proviamo poco o niente, rinnovando il senso della promessa matrimoniale per amarci con piena consapevolezza sull’esempio di Cristo, che ci ama anche quando non siamo amabili, anche quando ci mostriamo indifferenti alle sue cure e premure.

La generatività
Lo Spirito è fecondità di vita nuova; è un processo vitale di rinascita dall’alto (cfr Gv 3,3) che favorisce lo sviluppo della vita di ciascun essere umano. Nello Spirito siamo continuamente rigenerati, immersi nella misericordia di Dio, in un processo permanente di rinnovamento spirituale (cfr Tito 3,5).
Dove c’è lo Spirito la vita sboccia, esprime il meglio di sé. Amarsi in maniera generativa significa creare condizioni, relazioni, all’interno della vita matrimoniale e familiare tali da favorire il manifestarsi del buono e del bello che è in ciascuno.
L’amore autentico è liberante nel senso che libera le energie di bene che costituiscono l’unicità e l’identità della propria moglie e del proprio marito, senza confusioni e idealizzazioni.

La generosità
Lo Spirito Santo è amore traboccante, sovrabbondante, nel cuore dei credenti. Egli si manifesta senza misura, oltre ogni nostra aspettativa o merito. Lo Spirito Santo è generoso e mai geloso, aperto e mai chiuso, agisce gratuitamente e mai per interessi o in maniera coercitiva.
La famiglia abitata dallo Spirito Santo assume i suoi tratti di generosità, apertura, accoglienza, disponibilità, comprensione, contro ogni forma di rigidezza, egoismo, asservimento dell’altro a sé. Dove c’è generosità cresce la gratuità e la gratitudine. Gratuità di gesti d’amore che i coniugi sanno scambiarsi; gesti di generosità verso i figli senza preoccuparsi di un ritorno in termini di riconoscimento nel tempo.
Solo chi è generoso è anche capace di stupirsi del dono dell’altro, del volto del proprio coniuge, della propria casa, dei propri figli, amando senza ricercare garanzie, senza pretendere un corrispondente ricambio. Solo lo Spirito Santo può condurre la famiglia a scoprire la bellezza dell’amore disinteressato «Non fate nulla per spirito di rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi il proprio interesse, ma anche quello degli altri»(Fil 2,3-4).

 

5. Il quotidiano: epifania dello Spirito

«Venne all’improvviso dal cielo un fragore, un vento che si abbatté impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano» (At 2,1)

Lo Spirito Santo, effuso dal Cristo Risorto, si manifesta all’interno di una “casa” in uno spazio domestico, ordinario; non nel tempio quale luogo sacro per antonomasia ma nella casa luogo profano, spazio esistenziale, “giardino” dell’amore, ma anche, “campo di battaglia”, luogo d’incontro e di scontro, di amore e di rancore, riflesso di tutto il nostro mondo interiore ed esteriore.
La casa è simbolo della nostra quotidiana condizione umana, è lo spazio esistenziale dove si manifesta la Pentecoste come azione “improvvisa” di Dio, cioè non programmabile ne determinata dai nostri meriti, stati d’animo, peccati, ma che opera per grazia, gratuitamente.
La casa è luogo di relazioni buone e belle come anche di pulsioni egocentriche, di forme di narcisismo, che feriscono. La casa, infatti, può essere un giardino o un campo di battaglia, un luogo fecondo o sterile, bello o terribile, liberante o soffocante, dipende da come ci collochiamo rispetto al nostro coniuge, i nostri figli, gli eventi. Ebbene, nonostante tutto, lo Spirito Santo ci raggiunge nella verità della nostra vita familiare, all’interno delle quattro mura domestiche, per trasformare dal di dentro le nostre vite e fare della casa non una prigione ma un luogo umanizzante, di crescita, di sviluppo dell’umanità di ciascuno.
Lo Spirito Santo, parafrasando Duteronomio 6,6-9, è “presenza amante di Dio nei nostri cuori” da manifestare nelle relazioni coniugali, nelle relazioni con i figli, quando ci troviamo in casa, quando camminiamo per via, quando ci corichiamo e quanto di alziamo, cioè nel ritmo ordinario delle nostre esistenze.
La dimensione quotidiana della nostra vita coniugale, familiare è estremamente importante per aprirci al dono dello Spirito Santo. Nulla, infatti, esiste fuori dal quotidiano. Noi facciamo esperienza della vita familiare nel quotidiano. Vita carismatica in famiglia non significa ricercare Dio nello straordinario, ma in ciò che è ordinario, e proprio perché vi siamo immersi corriamo il rischio di banalizzare e svilire. Rischiamo di dare per scontato il fatto che ci amiamo sino a non avvertire più il bisogno di comunicarcelo, di esprimerlo attraverso gesti, parole, atteggiamenti.
Lo Spirito Santo è l’ardore di Dio nei nostri cuori che ci desta dal torpore della ripetitività, dell’abitudine, della noia, della superficialità che raffredda l’amore coniugale, la bellezza di stare insieme. Nel quotidiano realizziamo la bellezza dell’avventura matrimoniale, impariamo a conoscerci, ad armonizzare le diversità cercando di vivere il primato del Vangelo nella nostra vita. Il quotidiano è per ogni famiglia “l’ambito della fede … l’occasione silenziosa per il vero amore e per l’autentica fedeltà, il misurarsi sulla realtà, che è il seme della vera sapienza” (Karl Rahner).
Lo Spirito Santo ci guarisce dalla paura del quotidiano; dell’ordinarietà, della realtà, per anelare a ciò che eccede la normalità. La fedeltà alla quotidianità per non cedere alla tirannia delle abitudini, agendo meccanicamente senza capire ciò che facciamo, quello che diciamo, è opera dello Spirito Santo che ci permette di amare la realtà, senza cedere alla lamentazioni, alle recriminazioni che possono sfociare in atteggiamenti di fuga, di chiusura persino di violenza.
Lo Spirito Santo è una ventata di novità nell’ordinarietà, è il nuovo nello stesso, che porta la novità di Cristo nel quotidiano vivere, all’interno delle relazioni familiari, senza segni straordinari, ma nel rispetto dei nostri tempi, della nostra condizione umana. Lo Spirito Santo non si sostituisce alla nostra matura umana ma la presuppone, la potenzia, dilata in misura della nostra fede, della nostra disponibilità ad accoglierlo.
Lo Spirito santo ci educa ad amare l’ordinarietà, a vedere nel volto di nostra moglie, di nostro marito, la novità del dono che si offre. Lo Spirito fa nuove le stesse cose che viviamo giornalmente così da poter cogliere sempre aspetti nuovi, inediti, nel nostro coniuge che rivelano, a loro volta, qualcosa di inedito di noi stessi. La novità non è, anzitutto, un evento esteriore ma interiore. Nella misura in cui il nostro cuore si lascia plasmare dallo Spirito cambia il nostro modo di vedere, di pensare nostra moglie, nostro marito.
Concludo con le parole del Cardinale Carlo Maria Martini: «Lo Spirito c’è, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli apostoli: c’è e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C’è e non sì è mai perso d’animo rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva anche là dove mai avremmo immaginato. Di fronte alla crisi epocale della nostra epoca che è la perdita del senso dell’Invisibile e del Trascendente, la crisi del senso di Dio, lo Spirito sta giocando, nell’invisibilità e nella piccolezza, la sua partita vittoriosa» (Tre racconti dello Spirito).

Sebastiano Fascetta

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