Il Vangelo nella famiglia – 3 febbraio 2019


Riflessione sul Vangelo della IV Domenica del Tempo Ordinario 

di Soraya e Michele Solaro 

Sarà capitato anche a voi, conversando con amici o parenti, di toccare l’argomento “Chiesa” e di imbattervi, vostro malgrado, in intricate dispute dalle quali è stato impossibile uscirne senza riportare qualche ammaccatura a causa, forse, di un atteggiamento non proprio comprensivo degli interlocutori (fratelli, zii, amici…), i quali, pensando di conoscervi meglio di chiunque altro, non hanno dato un’adeguata considerazione al contributo che avete tentato di dare alla conversazione, nonostante il nobile proposito di rassicurare i partecipanti, presentandovi quali testimoni e garanti della reale possibilità che ogni uomo ha di fare esperienza di un incontro vero con Cristo risorto.

Nel Vangelo di questa domenica, la prima del mese di febbraio, Gesù ci insegna che anche negli ambienti a noi più prossimi che siamo soliti frequentare come famiglia, quelli dove incontriamo i nostri parenti ed amici, proprio in questi, «nessun profeta è bene accetto» (cfr. La 4,24) ma, nello stesso tempo, comprendiamo che non possiamo ritenere, questo, un valido motivo per smettere di essere annunciatori.

La famiglia è ancora, infatti, profezia per il mondo, lo è nella misura in cui, e ogni qualvolta, ritrova carismaticamente, nuove risorse, nuove motivazioni suggerite dallo Spirito, per praticare innanzitutto, essa stessa per prima, all’interno delle mura domestiche, la carità come mezzo portante della vita relazionale, con il coniuge, con i figli, con i parenti, con gli amici, con i vicini di casa, così come San Paolo Apostolo ci ricorda nel suo famoso inno, proposto come seconda lettura di oggi.

Non ci sono ricette preconfezionate, ma il “feedback”, il riscontro che abbiamo nella nostra vita, perseverando sulla via dell’amore, è quello di vederne i frutti. Abbiamo sempre tanto da guadagnare se siamo disposti al cambiamento, a lasciarci plasmare dallo Spirito, nello spirito, assumendo quegli atteggiamenti che ci predispongono più all’incontro che non allo scontro con l’altro, che manifestano più la nostra propensione ad annunciare piuttosto che a denunciare, che ci fanno dire all’altro: «Sei amato, voglio che tu viva» e ancora, comunicando il pensiero di Dio nella prima lettura di oggi: «Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato» (Ger 1,4-5.17-19).

Continuiamo ad essere testimoni di ciò che viviamo nelle nostre case, senza nascondere le nostre debolezze; probabilmente non saremo sempre compresi, accolti, ma il fine dell’annuncio cristiano, e quindi anche delle famiglie cristiane, non è quello di essere accolti, acclamati, osannati, ma che Gesù venga riconosciuto come unico Salvatore.

Ecco perché vale sempre la pena rischiare tutto per il Vangelo.

«Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,24-25).

 

Vangelo

Gesù come Elìa ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore