Il Vangelo nella Famiglia – 16 settembre 2018


Riflessione sul Vangelo della XXIV domenica del tempo ordinario

di Ermelinda e Franco Cidonelli

Il Vangelo, di questa settimana, interpella in maniera particolare noi che ci consideriamo vicini a Gesù (discepoli).

A noi, Gesù, chiede cosa dice la gente di Lui: «Anche voi “chi dite che io sia?”», quasi a sottolineare che sapere ciò che dice la gente (qual è la mentalità comune) non deve impedirci di avere il nostro pensiero su Gesù e tutto ciò che Egli ci insegna, e per metterci in guardia, forse, dal rischio sempre presente, di uniformarci alla mentalità comune per paura di non essere accettati, compresi o di essere giudicati ed isolati.

Per noi, oggi, è facile dire: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio», ma è proprio così nella nostra vita?

Ogni domanda di Gesù alla nostra vita, non esige una semplice risposta fatta di parole, ma un impegno a fare diventare ciò che diciamo vita vissuta.

Come Pietro, spesso, pensiamo a un Dio che deve fare ciò che è buono ai nostri occhi ed alla mentalità comune (miracoli, guarigioni, prodigi, etc.), anche a noi, allora è rivolto quel “lungi da me satana”, se non accettiamo la nostra quotidianità, fatta anche di prove, di sofferenza, come ”dono“ di quello stesso Padre che fa salire il Figlio a Gerusalemme dove riceverà, sì la gloria dell’ingresso, ma anche la prova della croce, della morte, per poi risorgere il terzo giorno.

Anche noi, come sposi siamo chiamati a seguire Gesù, prendendo la nostra croce (chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua), a vivere cioè giorno per giorno il nostro cammino di famiglia come una “salita a Gerusalemme”, fatta di momenti di gioia, di esultanza, ma anche, di crisi, di sofferenza, di morte, sapendo che alla fine, però, si realizzerà la Parola: «i due saranno una carne sola», perché a questo siamo chiamati.

Questo è possibile, se nel nostro rapporto di famigliapensiamo e viviamo ”secondo Dio e non secondo gli uomini”.

 

Dal Vangelo secondo Marco

Mc 8,27-35

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».