Essere famiglia nel potere dello Spirito – 1ª parte


 

(Relazione dettata da Sebastiano Fascetta nel corso della “Tre Giorni delle Famiglie” organizzata da RnS – Sicilia, Enna 19-21 gennaio 2018)

1ª parte

La prospettiva e la finalità del nostro incontro è quello di riflettere sulla dimensione carismatica della vita familiare, cioè sulla presenza viva ed operante dello Spirito Santo in ogni ambito della vita di coppia e delle relazioni familiari. Operazione ardua che subito mi porta a confessare la mia inadeguatezza, ma soprattutto a sfatare l’eventuale illusione di essere una famiglia carismatica.

 

Premessa

Nell’esperienza che condivido con mia moglie Maria e i nostri quattro figli, non c’è nulla di esemplare che possa essere in qualche modo assunto come “modello”, “esempio” di famiglia carismatica, ma soltanto il desiderio, sempre vivo, di voler essere all’altezza del dono grande del matrimonio, come orizzonte che ci sta sempre davanti e che si scontra, inevitabilmente, con la realtà quotidiana fatta di mancanze, cadute, difficoltà, fallimenti, gioie e sofferenze, peccato.
Il Rinnovamento nello Spirito ha segnato la mia vita e quella di Maria; lì ci siamo conosciuti e abbiamo vissuto e condiviso tantissime esperienze, molte di queste permangono nei nostri cuori, nonostante gli anni trascorsi, altre se ne aggiungono, come scintille di luce che affiorano soprattutto nei momenti difficili del nostro cammino, come ad esempio la forza della preghiera, l’amore per la Parola di Dio, il dialogo continuo, il rispetto profondo della persona, la convinzione grata del dono grande della vocazione al matrimonio come via di santità e di umanizzazione.
Naturalmente, l’esperienza carismatica propria del cammino del RnS la portiamo nel nostro DNA coniugale. Infatti, se siamo minimamente in grado di essere all’altezza dell’avventura matrimoniale, se constatiamo e sperimentiamo che la scelta di sposarci nel Signore non è stato un fallimento, non è stato e non è un impedimento alla nostra crescita umana, non ci soffoca umanamente, ma proviamo di anno in anno motivi di gioia, di ricominciamento, di piacere nel proseguire la nostra esperienza umana insieme come famiglia, questo è certamente dono di Dio, dono dello Spirito Santo che abbiamo imparato a scoprire e sperimentare nell’esperienza carismatica propria del RnS.
Tutto questo senza idealizzazioni, senza assolutizzazioni, senza misticismi, con permanente autocritica di atteggiamenti “religiosi” o “pseudo carismatici” che tentano di allontanarci dalla fatica di vivere la quotidianità, le ordinarie e straordinarie problematiche famigliari rifugiandoci in forme di spiritualismo avulso dalla fatica di guardarci in faccia, parlare, discutere, cercare di capire, correggendoci a vicenda soprattutto quando le preoccupazioni, le paure, le angosce sembrano prendere il sopravvento.
La nostra esperienza “carismatica” è qualcosa di molto ordinario, semplice, senza nulla di straordinario, che implica la fatica costante di lavorare sulla nostra condizione umana, di lavorare costantemente sulla qualità delle nostre relazioni, cercando di sviluppare un minimo di consapevolezza che non ci porti a vivere in famiglia senza automatismi, lasciandoci prendere dalla routine, dall’abitudine, relegando la dimensione affettiva come darsi un bacio, farsi una carezza, abbracciarsi, ballare, a momenti eccezionali, ma cercando di rinnovare gesti, parole, atteggiamenti con naturalezza, giorno dopo giorno, ben sapendo che l’amore è un’esperienza che va continuamente rinnovata e mai data per scontata.
La chiamata al matrimonio non è qualcosa che è già avvenuta nel momento in cui abbiamo celebrato il sacramento del matrimonio in chiesa, ma è continua e permanente. Noi siamo continuamente chiamati ad amarci, siamo continuamente chiamati a dare ragione dell’amore che ci tiene uniti curando i gesti, i comportamenti, l’affettività, l’emotività, ecc… traendo, perché ciò avvenga, forza dal Vangelo, dallo Spirito Santo, dalla grazia matrimoniale.

 

1. Cosa intendiamo per “vita carismatica”

La riscoperta dell’esperienza di Pentecoste nel mondo cristiano (chiese protestanti, chiese ortodosse, chiesa cattolica) alle soglie del Concilio Vaticano II sino a giorni nostri, quale “corrente di grazia”, “fragore dal cielo”, “vento impetuoso” (cf At 2,2) che si abbatte con mitezza e tenerezza nella storia umana, in maniera sorprendente e imprevedibile (cf Gv 3,8), ha rimesso al centro della vita cristiana – personale ed ecclesiale – la Grazia, cioè l’Amore che Dio elargisce gratuitamente (cf Rm 5,5) e senza misura (cf Gv 3,34), nonché l’attualità dei carismi che lo Spirito «dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine […], con [i] quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: “A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio” (1Cor 12,7)» (LG, n.12).
Il principio dinamico di tale riscoperta è l’ardente desiderio di invocare, ricevere nuovamente l’effusione dello Spirito Santo (cfr Lc 11,13) e così rinascere a vita nuova (cfr Gv 3,3), entrare in una profonda relazionale con Dio (cf Rm 5,2), essere autenticamente cristiani e umanamente carismatici.
L’effusione dello Spirito produce un vero e proprio risveglio interiore (cfr Ef 5,14), una nuova presa di coscienza del dono dello Spirito Santo nella nostra vita (cfr 1Gv 2,27-28), dell’essere dimora del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cfr 1Cor 6,19), una vera conversione nel modo di essere, vivere e confessare la fede: si passa da un credere per sentito dire (cfr Gb 42,5), da una forma di religiosità passiva, esteriore, rituale e ritualizzata (cf Mt 23,1 ss), a una fede consapevole, sensibile, esperienziale della presenza viva, efficace di Dio nella propria vita.
In sintesi, la vita carismatica che lo Spirito Santo porta al cuore della storia e al cuore della vita dei credenti è l’uomo Gesù narrato dai Vangeli. Essere carismatici significa vivere come ha vissuto Gesù, assumere il suo stile di vita (cfr Mt 11,27), il suo modo di rapportarsi:
• al Padre – dimensione filiale: la preghiera, l’ascolto, l’obbedienza, l’amore;
• agli altri – dimensione fraterna, ecclesiale, sociale: la compassione, il perdono, le guarigione, l’accoglienza senza giudizi,
• al mondo e alle cose – dimensione ecologica, l’attenzione alla natura, alle piante, all’ambiente, agli oggetti.
Tale esperienza non è un evento occasionale, ma permanente che richiede un cammino di conversione permanente, personale e comunitario, che si esplicita attraverso il primato della Parola di Dio, della fraternità, della vita sacramentale e delle preghiere (cfr At 2,42), nell’umile e decoroso esercizio dei carismi suscitati dallo Spirito per l’edificazione comune (cfr 1Cor 12,7ss; 1Pt 4,10; Ef 4,11ss) e per la diffusione del Regno di Dio nella storia.
L’esperienza dell’effusione dello Spirito non solo determina un processo di rinascita a vita nuova a livello personale, in quanto battezzati, ma anche dello stato di vita in cui ciascuno si trova, come ad esempio, quello del matrimonio o della vita religiosa, o presbiterale.

 

2. Essere famiglia nel potere dello Spirito Santo

Per quanto concerne il sacramento del matrimonio, l’incontro con la persona di Gesù e l’esperienza di una nuova effusione dello Spirito Santo, determina un processo di risveglio della vita di coppia e, secondo il livello di coinvolgimento, di tutta la famiglia, come accadde, ad esempio, a una donna di nome Lidia durante la missione dell’apostolo Paolo «Dopo essere stata battezza insieme alla sua famiglia» (At 16,15) oppure al carceriere di Paolo e Sila «credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia» (At 16,31).
Partecipare alla vita di un gruppo/comunità di RnS come coppia o famiglia può aiutare ad acquisire uno stile di vita carismatico cioè ispirato, potenziato, reso possibile dallo Spirito Santo, invocato, accolto ed assecondato, per vivere nella quotidianità l’esperienza santificante e umanizzante del sacramento del matrimonio: «il sacramento è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi» (AL, n.72).
La vocazione matrimoniale (cfr AL, n. 72) è una chiamata alla santità cioè alla piena umanizzazione dei coniugi e dei figli, che si realizza per mezzo del Spirito Santo. Poiché attraverso il Battesimo siamo diventati figli di Dio e fratelli in Cristo, per mezzo del sacramento del matrimonio, gli sposi, realizzano la comune vocazione alla santità in modo particolare, secondo lo stile coniugale relazionale proprio diventando, giorno dopo giorno, una “sola carne”: «il verbo “unirsi” nell’originale ebraico indica una stretta sintonia, un’adesione fisica e interiore, fino al punto che si utilizza per descrivere l’unione con Dio: “a te si stringe l’anima mia” (Sal 63,9), canta l’orante» (AL, n. 13).
Papa Francesco ribadisce che l’essere una sola carne non riguarda l’ambito meramente fisico, ma implica il coinvolgimento di tutta la persona nella sua componente corporea ed interiore. La dimensione spirituale è parte integrante e fondamentale del cammino matrimoniale, trascurarla significa impedire una reale vita di comunione e d’amore tra i coniugi e di tutta la famiglia.
Anzi, possiamo affermare che l’unione sessuale implica necessariamente anche l’unione spirituale e, per certi versi, è un’esperienza non solo fisica ma anche spirituale: «L’unione sessuale , vissuta in modo umano e santificata dal matrimonio, è a sua volta per gli sposi via di crescita nella vita della grazia» (AL, n.74).
È da segnalare, inoltre, che san Paolo parla del matrimonio come un dono, letteralmente in greco “carisma”, (cfr 1Cor 7,7), espressione ripresa in Amoris Laetitia n. 61. È noto, secondo l’accezione paolina, che il carisma è una manifestazione particolare dello Spirito Santo per l’utilità comune, per l’edificazione della Chiesa (cfr 1Cor 12,7). Lo specifico della vita matrimoniale è quello di «un segno che non solo indica quanto Cristo ha amato la sua Chiesa nell’Alleanza sigillata sulla Croce, ma rende presente tale amore nella comunione degli sposi» (AL, n.73).
Consapevoli di ciò, possiamo affermare che lo specifico di una “famiglia carismatica” è mostrare che «lo Spirito è vivo ed operante» (AL, n. 77) all’interno del vissuto relazionale. Lo Spirito Santo per la famiglia non è un estraneo o un ospite straordinario ed occasionale, ma è di “casa”, un vero “parente” stretto, “familiare” più di quanto possano esserlo marito e moglie, genitori e figli.
Lo Spirito Santo è coessenziale alla vita familiare; anima della casa, respiro dei coniugi, presenza discreta ed efficace nel quotidiano vivere, nell’ordinario stare in famiglia, nel reciproco parlare, vedere, ascoltare, accarezzare, abbracciare, soffrire, gioire.
La Pentecoste, l’effusione permanente dello Spirito, non è qualcosa che riguarda esclusivamente la “chiesa”, ma, estensivamente la “casa”, come attestano gli Atti degli Apostoli: «riempì tutta la casa dove stavano» (At 2,2). È noto, inoltre, che le prime comunità cristiane nascevano e celebravano l’eucaristia, proprio all’interno delle case, in ambito famigliare.
Sin dall’inizio della diffusione del cristianesimo, le case, le famiglie hanno un ruolo determinante, da riscoprire, per ritornare all’origini della fede cristiana: «nella famiglia, “che si potrebbe chiamare Chiesa domestica” (LG, n. 1), matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Santa Trinità» (AL, n.86).

Sebastiano Fascetta

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