Il Vangelo nella Famiglia – 7 marzo 2017


7 marzo 2017, martedì della prima settimana di Quaresima

Vangelo
Mt 6,7-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.  
Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.»  

 

Riflessione

La famiglia, chiesa domestica, è il primo luogo del perdono che san Giovanni Paolo II ricordò essere “comunità di vita e di amore” (GS,48).
A volte, non siamo del tutto consapevoli della grande missione alla quale siamo stati chiamati come sposi, nella famiglia, come famiglia: “custodire, rivelare e comunicare l’amore” (FC,17), perdonandoci ed accogliendoci vicendevolmente.
Se non mi impegno, io per primo/a, a testimoniare il perdono con il mio coniuge, quale possibilità avranno i nostri figli di sperimentarlo? E come potranno essere capaci di perdonare a loro volta?
Certo, possiamo sempre amarli individualmente, o come padre, o come madre, senza farlo “insieme”; il rischio è quello di offrire loro un amore egoistico, di convenienza, facendogli fare un’esperienza “al ribasso”, incompleta, non di certo l’esperienza di quell’amore gratuito che, per “irradiazione”, avranno appreso guardando come ci perdoniamo.

 

Amoris Laetitia

Oggi sappiamo che per poter perdonare abbiamo bisogno di passare attraverso l’esperienza liberante di comprendere e perdonare noi stessi. Tante volte i nostri sbagli, o lo sguardo critico delle persone che amiamo, ci hanno fatto perdere l’affetto verso noi stessi. Questo ci induce alla fine a guardarci dagli altri, a fuggire dall’affetto, a riempirci di paure nelle relazioni interpersonali. Dunque, poter incolpare gli altri si trasforma in un falso sollievo. C’è bisogno di pregare con la propria storia, di accettare sé stessi, di saper convivere con i propri limiti, e anche di perdonarsi, per poter avere questo medesimo atteggiamento verso gli altri.

Ma questo presuppone l’esperienza di essere perdonati da Dio, giustificati gratuitamente e non per i nostri meriti. Siamo stati raggiunti da un amore previo ad ogni nostra opera, che offre sempre una nuova opportunità, promuove e stimola. Se accettiamo che l’amore di Dio è senza condizioni, che l’affetto del Padre non si deve comprare né pagare, allora potremo amare al di là di tutto, perdonare gli altri anche quando sono stati ingiusti con noi. Diversamente, la nostra vita in famiglia cesserà di essere un luogo di comprensione, accompagnamento e stimolo, e sarà uno spazio di tensione permanente e di reciproco castigo.
(Francesco, AL,107-108)

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